IL CYBERFEMMINISMO ALL’INTERNO DELLA NEW MEDIA ART

SOVVERSIONI DIGITALI

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Prima di parlare di cosa è stato e di cosa è il femminismo, è necessario Stabilire con esattezzail momento in cui la Net.Art – anche nota come Internet Art o Network Art – ha preso vita e definirne il contesto storico, sociale e artistico, anche se non è semplice. Possiamo comunque affermare che, più o meno, la sua nascita si colloca intorno agli anni ’90, come risultato dell’incontro tra l’eredità lasciata dalle avanguardie e le innovazioni introdotte dalle nuove tecnologie. Chi definisce la net art come qualsiasi pratica artistica che utilizza la rete come principale strumento di creazione e distribuzione tende a preferire i termini "net art" (senza il punto) o "Internet art".


Questo approccio fa riferimento a un ambito molto più ampio, sia in termini di periodo (dal 1994 a oggi) che di contesto geografico. Questa visione è sostenuta da Rhizome ( www.rhizome.org ), da musei americani e, più in generale, dalla critica statunitense. Negli ultimi anni, si è diffuso anche il termine "New Media Art", particolarmente popolare nella letteratura accademica tedesca, per indicare l’arte dei nuovi media così come è stata trasformata dall’avvento della rete.

Il concetto di "Media Art" crea una continuità che si estende dai primi esperimenti visivi di Man Ray e dalle esplorazioni elettroniche di Nam June Paik fino all’uso attuale del web e del computer come mezzi espressivi. In questo contesto, la net art è considerata un sottoinsieme di un fenomeno più vasto e complesso, ma sempre influenzato dall'emergere della Rete e dell'informatica di consumo agli inizi degli anni Novanta. È ulteriormente complicato stabilire e decretare in un unico modo il termine Net art, come movimento, come pratica artistica e come arte di tutti i tempi di internet. Valentina Tanni, curatrice e storica dell’arte italiana, nella sua tesi del 2001 Net Art (1993-2001), sottolinea come i progetti legati a questo movimento esplorino temi centrali quali l'interattività, il contatto a distanza, l’interfaccia come medium tra uomo e macchina, il controllo dei media e l’esperienza del web come nuova frontiera percettiva.


Nota per il suo approccio interdisciplinare, Tanni è tra le prime studiose italiane ad aver analizzato l’impatto di internet sull’arte, mostrando come i net artisti non solo cerchino di comprendere le potenzialità del digitale, ma anche di ridefinirlo in una nuova dimensione estetica, in cui il web diventa uno spazio creativo e interattivo. L'arte digitale tra il 1990 e il 2001, con la sua estetica del macchinico, il gioco identitario e la manipolazione dei flussi informativi, ha offerto agli artisti l'opportunità di smantellare e sovvertire i concetti tradizionali di estetica. L’avvento del World Wide Web ha spinto gli artisti a esplorare nuovi strumenti, come il codice e pratiche come l'hacking, trasformando i canoni estetici e operando una vera sovversione politica: riscrivendo significati e ridefinendo i rapporti di potere all'interno del mondo digitale.

Un esempio emblematico di questa tendenza è rappresentato dal duo artistico Jodi, formato da Joan Heemskerk e Dirk Paesmans, pionieri della Net.Art e maestri nell'uso del codice come forma di ribellione. Con opere come www.jodi.org, Jodi sfrutta il linguaggio del web per costruire esperienze disorientanti, costellate di codici illeggibili, glitch e percorsi di navigazione caotici. In questo modo, le loro opere sovvertono le aspettative di ordine e funzionalità dell'utente: l'interfaccia non è più neutra o intuitiva, ma diventa una barriera intenzionale, un ostacolo che sfida l'utente e mette a nudo la fragilità dell'idea di un web "user-friendly." L’opera di Jodi si configura così come una forma di sovversione politica, poiché denuncia la dipendenza dalle interfacce “trasparenti” e dalle regole imposte dalle piattaforme digitali, invitando l’osservatore a riflettere su chi detiene realmente il controllo del mondo digitale. Questo sito infinito e impossibile da esplorare per intero porta persino l’utente ignaro a dubitare del proprio computer, trasmettendo un messaggio potente sulla manipolazione e il controllo nell'era del web.

I primi Net Artist hanno rivoluzionato non solo il modo di fare arte, ma anche quello di fruirla, creando opere accessibili a chiunque possedesse un dispositivo connesso alla rete. Queste opere non erano semplici trasposizioni di lavori fisici; nascevano direttamente dalla struttura stessa della rete, progettate esclusivamente per un’esperienza di navigazione in un universo digitale che, pur apparendo semplice e neutrale, celava enigmi complessi e problematiche profonde. La Net.Art, pur essendo stata una delle forme più eticamente rivoluzionarie, era intrinsecamente “non neutrale”, poiché i sistemi digitali stessi, così come le macchine, riflettono influenze e limitazioni. Domenico Quaranta sottolinea che considerare quest’arte “immateriale” sarebbe superficiale e non terrebbe conto della complessa relazione tra software e hardware. Sebbene il software, su cui la Net.Art si sviluppa, sia intangibile, esso dipende da un ecosistema costruito e sostenuto dall’hardware: la componente fisica che dà corpo e possibilità alla rete e quindi all’opera stessa. Inoltre, sebbene nata in uno spazio teoricamente libero e accessibile, questa forma d'arte riflette le disuguaglianze che caratterizzano le arti tradizionali, come razzismo, xenofobia e disparità di genere.

È proprio in questa cornice che si inserisce il cyberfemminismo, un movimento che negli anni ’90 ha preso forma proprio grazie alle nuove possibilità offerte dalla rete. Il cyberfemminismo sfida i paradigmi culturali e politici tradizionali, proponendo un nuovo linguaggio per la rappresentazione del corpo e dell’identità femminile. Artiste e collettivi come VNS Matrix hanno utilizzato la rete e tutti i linguaggi tecnologici per sovvertire i codici di potere e rifiutare le rappresentazioni patriarcali della donna, ridefinendo l’identità femminile attraverso un immaginario che fonde il corpo con la macchina. Un esempio significativo è il Cyberfeminist Manifesto for the 21st Century delle VNS Matrix, un'opera che celebra l’identità cyborg come forma di resistenza. Qui, la figura del cyborg diventa un simbolo di ribellione e autonomia, opponendosi alle dicotomie tradizionali tra corpo e mente, naturale e artificiale, maschile e femminile. Attraverso opere che mescolano codice, immaginario erotico e critica sociale, il cyberfemminismo trasforma la rete in un campo di battaglia dove il corpo femminile, spesso sessualizzato o ridotto a oggetto, può ridefinirsi e autorappresentarsi. La Media Art, così come il cyberfemminismo, si sviluppa quindi come un fenomeno interdisciplinare che combina tecnologia, arte e politica, creando un terreno fertile per riflettere sul rapporto tra identità, corpo e potere. Questa riflessione sarà approfondita nel prossimo punto, in cui esploreremo le origini del cyberfemminismo, analizzando come ha trasformato le dinamiche della rete e aperto nuove prospettive per l’autodeterminazione delle donne nell’era digitale.

MADRI DIGITALI

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