IL CYBORG
"Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato. La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo. Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro. Omosessualità ed eterosessualità sono entrambe condizioni di lavoro. Ma l’omosessualità è il controllo degli operai sulla produzione, non la fine del lavoro. Più sorrisi? Più soldi. Niente sarà più efficace per distruggere le virtù di un sorriso. Nevrosi, suicidi, desessualizzazione: malattie professionali della casalinga"
Silvia Federici
Nel corso della storia, archetipi come la Madre, la Buona Moglie, la Femme Fatale e la Madonna-Prostituta hanno confinato l'identità femminile entro ruoli rigidi e prescrittivi, fondati su opposizioni binarie e una visione essenzialista della donna. Tuttavia, Donna Haraway, attraverso la figura del cyborg, propone di sfidare e decostruire questi archetipi. Il cyborg, concepito da Haraway come una figura ironica e provocatoria, esplora prospettive apparentemente incompatibili, rompendo con le narrazioni tradizionali.
Il cyborg non è semplicemente un’entità tecnologica, ma un essere ibrido, un’estensione di noi stessi. Non appartiene a nessuna mitologia costruita per controllare e definire ciò che siamo, ma la trascende. Rappresenta una possibilità di ripensare il mondo e noi stessi in termini fluidi, superando ciò che viene considerato “normalità” e includendo tutte le possibilità. In questa prospettiva, il corpo non è più uno strumento di oppressione, bensì un simbolo di autodeterminazione, trasformazione e opportunità.
Questi esseri ibridi incarnano un mondo in cui le categorie di genere perdono la loro centralità. Non sono né maschio né femmina, né vincolati a ruoli o aspettative culturali prestabilite. Una femmina cyborg, ad esempio, non si conforma alle aspettative sociali legate alla femminilità tradizionale, come il ruolo di madre o l’idea di dolcezza e sottomissione, ma non le rifiuta né le dissimula completamente. La sua identità sfugge alle costrizioni culturali, consentendo una libera espressione del sé.
Il cyborg si emancipa anche dalla simbiosi pre-edipica, che vede l'individuo come strettamente connesso e dipendente dalla madre. Rifiutando l'idea di dipendenza e, di conseguenza, di sottomissione, afferma invece autonomia e indipendenza. Inoltre, respinge la nostalgia marxista per un passato idealizzato di non-alienazione, accogliendo l'alienazione come parte integrante della sua identità postumana.
In questo modo, il cyborg diventa un potente simbolo di una nuova concezione dell’esistenza, libera da dicotomie oppressorie e aperta a infinite possibilità di trasformazione.
Le donne, storicamente costruite come "oggetti" del desiderio maschile e private di un'identità autonoma, possono vedere nella figura del cyborg un invito a ridefinire se stesse in relazione alla tecnologia. Haraway propone di sfruttare la tecnologia come strumento di emancipazione e affermazione, rifiutando le costruzioni patriarcali che confinano l'identità femminile.
Tuttavia, questo simbolo di potenziale emancipazione non è immune dalle logiche del capitalismo neoliberista, che tende a mercificare ogni innovazione tecnica e a perpetuare nuove forme di subordinazione.
Le tecnologie legate alla cura, ad esempio, promettono di semplificare la vita quotidiana, ma spesso finiscono per creare nuove forme di sfruttamento. Sebbene i lavori domestici sembrino più facili grazie agli elettrodomestici, in realtà non si è assistito a una significativa riduzione del tempo dedicato a queste attività. Prima della rivoluzione industriale, i lavori domestici erano generalmente suddivisi tra i membri della famiglia, inclusi i bambini, che contribuivano in varie mansioni. Con l'introduzione delle tecnologie domestiche, invece, queste incombenze si sono concentrate in capo a una sola persona: la casalinga. I bambini hanno iniziato a frequentare la scuola e le famiglie che potevano permettersi un aiuto domestico hanno progressivamente rinunciato a questa figura, riassegnando il carico di lavoro non retribuito a un’unica figura familiare. Di conseguenza, la casa è diventata sempre più un luogo di consumo, piuttosto che uno spazio di collaborazione.
Un discorso analogo può essere fatto per la maternità e le tecnologie riproduttive, come la Gestazione per Altri (GPA), che mettono in luce complessi conflitti tra libertà personale, controllo e interessi economici.
La sfida principale è quella di sottrarre al mercato le potenzialità emancipative offerte dal postumano, rivendicando tecnologie e pratiche che collettivizzino autonomia e liberazione. Questo implica trasformare sia l’antropogenesi che l’antropotecnica, resistendo alle logiche estrattive del capitale.
In quest’ottica, il corpo – cyborg o meno – può diventare uno spazio di resistenza, autodeterminazione e creazione collettiva. Un futuro postumano non è solo un’utopia tecnologica, ma un’opportunità per immaginare nuovi modi di essere, basati sulla solidarietà, l'inclusione e la rottura definitiva delle oppressioni binarie e normative.





