LA FIGURA DELLA DEA

SIMBOLI RELIGIOSI E CULTURALI DEL POTERE FEMMINILE

SIMBOLI RELIGIOSI E CULTURALI DEL POTERE FEMMINILE

Grazie al sito The Encyclopaedia of Female Archetypes, opera di net art del 2022 realizzata da Tasha Dezelsky, si evidenzia come, nella storia, nella religione e nella mitologia, le donne siano state spesso classificate in ruoli archetipici. Tra questi spiccano: La Madre, La Buona Moglie, La Femme Fatale e La Madonna- La Prostituta. Questi archetipi, nati in seno a culture e religioni antiche, hanno contribuito a plasmare la distinzione e la categorizzazione tra uomini e donne, perpetuandosi fino ai giorni nostri.

La Brava Moglie/La Madre  Imperfetta- simbolo di sposa e madre ideale, questo archetipo incarna la donna dedita alla casa, una brava moglie e un'educatrice impeccabile per i figli. Nella mitologia e nella religione, figure come Demetra, dea greca della fertilità e dell’agricoltura, o la Vergine Maria, rappresentano modelli di maternità devota e sacralizzata. Analogamente, nella mitologia indù, la devozione materna è strettamente legata alla sottomissione al marito.

Tuttavia, non tutte le rappresentazioni della maternità sono così idealizzate. Era, dea greca del matrimonio e del parto, è spesso descritta come una madre "snaturata", capace di ripudiare i figli e di compiere atti crudeli nei loro confronti. Anche in contesti storici si trovano esempi di madri che hanno sfidato gli archetipi tradizionali: l'unica imperatrice nella storia della Cina, Wu Zetian, si narra abbia soffocato la propria figlia per consolidare il suo potere.

La Femme Fatale: Tentatrice per eccellenza

Nella Bibbia, la prima figura associata al concetto di femme fatale è Eva. Secondo le Sacre Scritture, con il suo fascino e la sua persuasività, Eva convinse Adamo a mangiare il frutto proibito, causando l’espulsione di entrambi dall’Eden. Tuttavia, Eva non è ricordata tanto come individuo, quanto come simbolo della caduta dell’uomo, della corruzione e dell’impurità. Nel corso della storia, questa interpretazione ha contribuito a plasmare norme e culture, influenzando profondamente il pensiero contemporaneo. La figura della femme fatale, sessualizzata e peccatrice, persiste ancora oggi in gran parte dei media moderni. Essa è rappresentata come un oggetto di desiderio, capace di manipolare l’uomo con la propria bellezza e sensualità, guidandolo verso decisioni pericolose o direzioni indesiderate. Questa immagine, sebbene affascinante, incarna una rappresentazione stereotipata della donna come essere potenzialmente pericoloso, ridotto a un ruolo funzionale al desiderio dell’uomo eterosessuale.

Un esempio altrettanto significativo è quello delle sirene e delle ninfe, figure mitologiche descritte come creature che usavano i loro corpi e voci melodiose per attirare e intrappolare uomini, piegandoli alla loro volontà. Questi miti, come quello di Eva, riflettono un’antica paura e fascinazione per il potere femminile, che viene spesso sessualizzato e demonizzato.

Queste narrazioni, sia religiose che mitologiche, hanno contribuito a perpetuare stereotipi che persistono ancora oggi, alimentando una visione della donna come tentatrice e manipolatrice. Nonostante il contesto sia cambiato, i media moderni continuano a riproporre queste immagini, dimostrando quanto siano radicati certi archetipi nella nostra cultura.

La Madonna - La Prostituta

Sigmund Freud coniò il termine "complesso Madonna-Whore", riferendosi a una dinamica psicologica che coinvolge uomini eterosessuali cisgender. Questo complesso suddivide le donne in due categorie strettamente legate alla percezione maschile: la "Madonna", figura ispirata alla Bibbia, rappresenta la donna pura, compassionevole e devota, ideale per l'uomo e per il ruolo di madre; al contrario, la "Puttana" è vista come una donna che trasgredisce le norme sociali, associata a una sessualità esplicita e per questo considerata negativamente.

Questa dicotomia crea barriere rigide che ostacolano l'espressione sessuale, l'autonomia e la libertà delle donne, riducendo la loro sessualità a un'unica classificazione polarizzata.

Freud utilizzò questo termine per descrivere una dinamica presente negli uomini all’interno di una relazione eterosessuale, i quali dichiaravano di non riuscire più a provare attrazione sessuale per le loro mogli, vedendole esclusivament x e come madri e figure accuditrici. Secondo Freud, ciò derivava dall’incapacità degli uomini di distinguere tra l’amore per la madre e l’amore per la partner, percependole praticamente allo stesso modo.

Per gestire l’ansia causata da questa divisione, gli uomini con MWC tendevano a classificare le donne in due categorie: da un lato, quelle ritenute idonee come mogli e madri, che suscitavano rispetto ma poca o nessuna attrazione sessuale; dall’altro, quelle percepite come promiscue, ridotte a oggetti di puro desiderio sessuale. In sostanza, questi uomini potevano provare eccitazione sessuale solo riducendo la partner a un oggetto sessualizzato, svalutandola nel processo, poiché la "brava ragazza" o la "Madonna" non poteva essere pienamente desiderata in termini sessuali.

Questo complesso, come molte altre teorie che hanno contribuito a plasmare la nostra cultura, limita profondamente la libertà di chi si identifica come donna, rafforzando dicotomie rigide e soffocanti. Il sistema cerca di controllare i nostri corpi e, di conseguenza, la nostra sessualità, imponendo etichette oppressive: se siamo "troppo buone," veniamo considerate inadatte a stimolare sessualmente gli uomini, come se questo fosse lo scopo ultimo della nostra esistenza. Dall’altro lato, se siamo troppo libere, veniamo etichettate come prostitute, impure e indegne di essere chi vogliamo realmente essere. Il semplice atto di essere sessualmente attive e fiere della propria sessualità viene percepito come una minaccia all’ordine morale.

Questa dicotomia non solo limita le donne individualmente, ma crea divisioni profonde anche tra loro, alimentando una cultura di giudizio e confronto. Tuttavia, la verità è che si può essere entrambe le cose (e molto di più): la complessità di una persona non può essere ridotta a categorie rigide imposte da una società patriarcale. Rivendicare la propria libertà significa rifiutare queste dicotomie e scegliere di essere esattamente ciò che si vuole, senza dover giustificare la propria sessualità o il proprio ruolo nella società. Essere libere significa vivere pienamente e autenticamente, al di là delle etichette.

MADRI DIGITALI

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