RAPPRESENTAZIONE DEL CORPO FEMMINILE NELL’IMMAGINARIO CONTEMPORANEO
Recuperare il controllo del proprio corpo, nelle sue molteplici forme e significati, rappresenta un passo fondamentale per riaffermare la propria presenza all’interno di una società che per secoli ha cercato di disciplinare e mercificare i corpi femminili. Con l’avvento di Internet e il diffondersi dei movimenti femministi, a partire dagli anni Ottanta, il corpo femminile ha smesso di essere un oggetto passivo per trasformarsi in soggetto attivo, un “cyborg politico”, capace di decostruire stereotipi e partecipare attivamente alla costruzione di nuove narrazioni.
Un esempio emblematico di questa trasformazione è il lavoro di Lynn Hershman Leeson con la serie The Dollie Clones. In questa serie, l’artista crea due bambole cyborg, Tillie e CybeRoberta, che rappresentano un’estensione del suo corpo. La loro “cyborgicità” non risiede semplicemente nel loro essere costruite con materiali artificiali, ma nell’integrazione di tecnologia e corpo: i loro occhi, sostituiti da telecamere, ampliano la visione dell’artista e dei visitatori, connettendo i loro sguardi al cyberspazio. Gli occhi di queste bambole non solo trasmettono immagini, ma permettono agli utenti di esplorare spazi virtuali e fisici contemporaneamente. Questo tipo di pratica artistica sovverte l’idea tradizionale del corpo come statico e limitato, trasformandolo in un’estensione politica e tecnologica. La figura del cyborg diventa quindi simbolo di resistenza e rivendicazione, un’entità capace di riconquistare spazi simbolici e materiali, sfidando le dinamiche di controllo e oggettivazione.
Nonostante inizialmente il cyberspazio fosse percepito come una “tabula rasa” egualitaria, priva di vincoli fisici e stereotipi, si è presto rivelato un’estensione del mondo reale, con le sue stesse disuguaglianze e pregiudizi. Le immagini e i corpi rappresentati nella rete hanno dimostrato che Internet non era un luogo neutro, ma uno spazio permeato da sessualizzazione, contenuti pornografici e stereotipi
Di fronte a questa realtà, le cyberfemministe hanno adottato strategie sovversive, utilizzando l’umorismo e la parodia per disinnescare i meccanismi di controllo e per scardinare le rappresentazioni sessiste dall’interno. La militanza femminista si è trasformata in un “cavallo di Troia” digitale, capace di insinuarsi nei sistemi dominanti per trasformarli dall’interno.





