SADIE PLANT

ZERO PLUS ONES

ZERO PLUS ONES

Sadie Plant, teorica britannica  e direttrice del Cybernetic Culture Research Unit all’Università di Warwick che ha inaugurato il cyberfemminismo con una prospettiva radicale e innovativa, si è da sempre occupata di descrivere il lavoro delle teorie femministe applicate nel teorizzare, criticare e usare l’internet, il cyberspazio e le tecnologie dei nuovi media.

Nel suo libro Zero, Uno. Donne digitali e tecnocultura (pubblicato per la prima volta nel 1997), Plant esplora il ruolo delle donne nella storia delle tecnologie computazionali, ma lo fa da un punto di vista che va oltre la semplice cronaca storica. Non sono tanto le donne come figure individuali al centro del suo discorso, quanto i processi tecnologici che esse hanno messo in moto e il rapporto tra questi processi e le questioni filosofiche e politiche di identità e differenza.

A un primo impatto, il libro di Sadie Plant Zero, Uno. Donne digitali e tecnocultura, edito per la prima volta nel 1997 da Fourth Estate e da poco pubblicato in italiano da LUISS University Press, è un saggio narrativo sul ruolo delle donne nella storia delle tecnologie computazionali. Com’è noto, del resto, la storia dell’informatica è una storia in gran parte femminile.

Plant sfida la concezione tradizionale della tecnologia come strumento sotto il controllo umano, proponendola invece come un insieme di processi autonomi. Questi processi, attraverso l'intenzionalità o la casualità umana, arrivano a "retro-ingegnerizzare" la loro stessa esistenza. Al cuore del suo lavoro c'è l'idea di un intreccio costante: tra passato e futuro, tra tecnologia e corpo, tra identità e differenza. Un elemento centrale del libro è la figura di Ada Lovelace, musa di Plant e madrina simbolica del cyberfemminismo.

una figura che anch'io ho amato moltissimo conoscere e approfondire. Spero di aver trasmesso questa passione nel modo in cui ne ho scritto. Sadie Plant, partendo dall'invenzione del telaio Jacquard, elabora una riflessione profonda: tutto nasce dalla tessitura. Il telaio diventa il punto d'incontro tra la metafora della tessitura e la tecnologia. Per Plant, la tessitura è il filo conduttore che collega figure come Donna Haraway e altre teoriche, inclusa lei stessa. In questa prospettiva, la civiltà non si sviluppa con la scrittura, ma con i processi tessili. Le reti ei sistemi reticolari sono intrecciati come fili: una visione affascinante e radicale

La tessitura è il cuore pulsante del pensiero di Plant: non solo come processo tecnico, ma anche come simbolo culturale e filosofico. Secondo Plant, la civiltà non nasce con la scrittura, ma con i processi tessili. Le reti ei sistemi reticolari, come Internet, sono metafore vive di questi intrecci, sia materiali che concettuali. Nel suo testo, la parola "tessitura" ritorna continuamente, sottolineando una connessione profonda tra i fili, il corpo e la tecnologia.

Freud, con la sua tesi sull'origine inconscia della tessitura, tenta di collegare l'invenzione di questa tecnica – una delle più antiche e fondamentali per la civiltà umana – a caratteristiche da lui ritenute intrinseche alla femminilità. L'idea che l'atto di tessere deriva dall'“intreccio dei peli pubici” riflette un tentativo di interpretare in chiave psicosessuale un aspetto della cultura materiale, ovvero un'abilità manuale storicamente associata

In pratica, Freud voleva attribuire la tessitura a una pulsione inconscia radicata nella sessualità femminile.

MADRI DIGITALI

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